Simona Canipari tricolore a 52 anni sulla handbike «Ha cambiato la mia vita»

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La pioggia battente l’ha coperto ma non ha potuto fermarlo. Nel pianto in cui è esplosa Simona Canipari dopo aver tagliato, prima della sua categoria, il traguardo della prova dei campionati italiani di handbike corsi domenica a Marina di Massa, c’è tutto il campionario di emozioni vissuto negli ultimi tre anni. Qualcosa che commuove, che spazza via molte delle nuvole nere transitate sul proprio cielo.

«Quando ti parlano di edema pensi a una botta, capire che si trattava di tetraplegia, che non sarei più stata autosufficiente, è stato uno shock al quale nessuno poteva essere preparato. La bici era la mia passione e la mia vita: a cinquant’anni, con due figli da crescere e una tabaccheria da gestire con mia sorella, trovavo comunque forza e tempo per fare quindicimila chilometri circa all’anno in sella. Ed è sempre su una bici che è cambiata la mia vita, un incidente capitato a marzo 2018. Ho passato tre mesi in rianimazione e un anno in ospedale. Il primo passo per ricominciare è stato prendere consapevolezza che non avrei più camminato. Ho dovuto imparare nuovamente a respirare. Nei mesi successivi al mio risveglio, di bicicletta non ne volevo nemmeno sentir parlare. È bastato tornare a sentire l’aria in faccia per ricordarmi che non ne posso fare a meno. Amo lo sport, fare fatica, “tribulare”; ero il classico amatore fissato, sulla handbike ho ritrovato lo stesso spirito, la stessa voglia di competere».

Decisivo l’incontro con la Active Sport, associazione bresciana che avvicina allo sport persone con disabilità.

«Nella sfortuna ho avuto la grande fortuna di avere accanto l’amore della famiglia, la competenza degli specialisti della casa di cura Domus Salutis, e di incontrare Marco Colombo, Sergio Balduchelli e Maurizio Antonini, rispettivamente presidente, capitano settore handbike e responsabile del progetto sport-terapia della Active. Questo progetto porta tesserati dell’associazione, persone quindi con disabilità, ad incontrare i degenti della Domus, una volta a settimana, per testimoniare che tornare a vivere una vita di dignità è possibile. La partecipazione all’attività sportiva della società una volta usciti dal centro è spesso una diretta conseguenza».

Dopo aver vestito entrambi i panni, del degente e del testimone, oggi indossa una fulgida maglia tricolore.

«Mi ero messa sulla bike a maggio 2019, due mesi dopo essere uscita dall’ospedale. Ricordo che Luisa Pasini, la più forte della mia categoria, mi dava un giro di distacco. Dopo quasi due anni e senza aver corso altre gare, l’ho ritrovata domenica. È stata una prova durissima, negli ultimi chilometri ho lanciato il mio attacco e sotto il diluvio, patendo vento e freddo, l’ho battuta di tre secondi. Per me è stata un’impresa alla quale fatico ancora adesso a credere. Dopo tutto quello che mi è capitato, sopraffatta dalle emozioni, non sono riuscita a trattenere le lacrime».